Sai una cosa che mi ha sempre fatto riflettere? L’altro giorno guardavo le notizie su Marine Le Pen e pensavo: ma davvero crediamo ancora che la giustizia sia neutrale?
Montesquieu, nel suo Spirito delle Leggi (Rizzoli, Milano, 1973), parlava della separazione dei poteri come garanzia di libertà. Oggi, però, mi sembra che assistiamo al fenomeno opposto. Non è più la politica che influenza i giudici, ma sono i giudici che fanno politica.
Il caso della leader del Rassemblement National è emblematico. Dal 2015 la magistratura francese la perseguita con un accanimento che mi sembra francamente sospetto. Prima la condanna per “diffusione di immagini violente” per un tweet sull’ISIS – mentre altri politici condividono contenuti simili senza problemi. Poi l’affare dei fondi europei, ora altre accuse. Praticamente ogni volta che sale nei sondaggi, spunta un nuovo procedimento.
Come diceva Alexis de Tocqueville in La Democrazia in America (Einaudi, Torino, 1968), il potere giudiziario è “l’arma più potente di una società libera”. Ma qui sembra diventata un’arma contro la società libera, no?
Mi ricordo che Hannah Arendt, in Origini del Totalitarismo (Einaudi, Torino, 1996), parlava di come i regimi autoritari usino istituzioni apparentemente legittime per colpire gli oppositori. Oggi non servono camicie brune: bastano le toghe.
Un Fenomeno Europeo
E non è solo la Francia. In Italia abbiamo visto Berlusconi negli anni ’90, ora tocca a Salvini con l’Open Arms. In Spagna perseguitano Vox, in Germania vogliono mettere al bando AfD.
Se vai sul sito della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, trovi decine di casi simili. Il modello è chiaro: se non riesci a batterli alle urne, li criminalizzi nei tribunali.
Il Lawfare: Quando la Legge Diventa Guerra
A proposito di criminalizzazione, c’è questo termine inglese, lawfare, che combina “law” e “warfare”. Praticamente l’uso della legge come arma di guerra politica.
In Sud America lo conoscono bene: Lula incarcerato proprio quando era favorito alle elezioni (poi assolto, guarda caso), Cristina Kirchner in Argentina, Evo Morales in Bolivia. Come dice Noam Chomsky in La Fabbrica del Consenso (Il Saggiatore, Milano, 2008), non serve la violenza quando hai i tribunali.
Ma ecco la cosa interessante: in America Latina colpiscono i progressisti, in Europa i nazionalisti. Anzi, diciamo meglio: colpiscono sempre chi disturba l’establishment, indipendentemente dall’orientamento. È come se le élite avessero capito che la democrazia è troppo rischiosa. Preferiscono far decidere ai giudici chi può e non può governare.
La Treccani definisce il lawfare come “l’uso strategico del diritto per fini di delegittimazione politica” – bingo! Proprio quello che sta succedendo. E se vai sul sito dell’Accademia della Crusca, trovi che in italiano lo traduciamo “guerra giuridica”: un ossimoro perfetto per i nostri tempi.
La CEDU: Ultimo Baluardo o Complice Silenzioso?
Però, dirai tu, c’è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che dovrebbe proteggerci da queste derive. Sì, in teoria. Hanno condannato la Turchia per Demirtaş, l’Azerbaigian per Mammadov, la Russia per Navalny.
Ma aspetta: noti qualcosa? Intervengono sempre contro paesi “cattivi” come Turchia e Russia, mai contro Francia o Germania. Coincidenza? Io ho i miei dubbi.
Come scriveva Carl Schmitt in Il Custode della Costituzione (Giuffrè, Milano, 1981) – sì, lo so, è controverso, ma aveva ragione su questo – chi decide sullo stato di eccezione è il vero sovrano. E oggi chi decide chi può fare politica e chi no? I magistrati. Ecco il nuovo sovrano.
Conclusione
Insomma, se Montesquieu temeva la concentrazione del potere, oggi dovrebbe temere la sua frammentazione. Quando tutti fanno tutto – i giudici fanno politica, i media fanno giustizia, i politici fanno spettacolo – chi tutela davvero la democrazia?
Forse è ora di ammettere che il problema non è il populismo, ma una giustizia che si è trasformata nel gendarme dell’ortodossia politica.

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