Eh, sai com’è… quando penso al rapporto tra fede e tecnologia mi viene sempre in mente quella sensazione strana che provi quando tua nonna ti chiede di spiegarle come funziona WhatsApp. È un po’ come se due mondi si sfiorassero senza mai davvero capirsi fino in fondo.
Devo ammettere che questo tema mi affascina parecchio, soprattutto perché – non so tu – ma io ho sempre avuto l’impressione che la religione e l’innovazione tecnologica vadano un po’ a braccetto, anche se sembrano nemiche. Pensa un po’: i monasteri medievali erano praticamente i centri di ricerca dell’epoca. Copiavano manoscritti, facevano esperimenti di agricoltura, sviluppavano tecniche architettoniche… insomma, innovavano eccome.

Dai monasteri ai data center: una storia di innovazione religiosa

Ma oggi? Beh, le cose si sono complicate. Ho letto da qualche parte che secondo Hans Küng nel suo “Religioni del mondo e etica universale” (Rizzoli, 2022) – anzi no, aspetta, forse era un altro testo… comunque, l’idea è che le religioni moderne si trovano di fronte a un bivio: o si adattano ai tempi o rischiano di diventare irrilevanti.
E qui la cosa si fa interessante, perché – ti è mai capitato di notare? – molte comunità religiose stanno abbracciando il digitale con un entusiasmo che francamente non mi aspettavo. Durante il lockdown, praticamente ogni chiesa, moschea e sinagoga aveva la sua diretta streaming. Il Vaticano stesso ha investito tantissimo nella comunicazione digitale, con app, podcast, social media…

La rivoluzione digitale delle comunità religiose

Però ecco, c’è un “ma” grande come una casa. Perché da una parte hai questa apertura incredibile verso le nuove tecnologie, dall’altra però rimangono questioni etiche enormi quando pensi a tutte le implicazioni che potrebbe avere l’intelligenza artificiale, per esempio. Come ti poni di fronte a una macchina che sembra quasi… come dire… avere una propria coscienza? Non è che sto suggerendo che le AI siano senzienti, eh, però capisci il dilemma teologico che si crea.

Intelligenza artificiale e nuovi dilemmi etici

Tempo fa mi trovavo a surfare internet, quasi senza cognizione di causa, sa come quando non hai una meta precisa e visiti pagine che a condizioni normali non visiteresti mai. Ebbene questo sito, di cui mi sono annotato il link: World Council of Churches parlava proprio di questo: come le diverse tradizioni religiose stanno affrontando le sfide dell’era digitale. Quello che mi ha colpito di più è che non c’è una risposta univoca. Alcune denominazioni sono entusiaste, altre più caute, altre ancora decisamente scettiche. Mi sono soffermato a leggere vari articoli e documenti pubblicati, affascinato da come ogni tradizione interpreti questo cambiamento epocale attraverso la propria lente teologica. Le comunità evangeliche, ad esempio, sembrano abbracciare con entusiasmo i social media e le piattaforme digitali come nuovi strumenti di evangelizzazione, vedendovi un’opportunità senza precedenti per diffondere il messaggio. Le chiese ortodosse, custodi di riti antichi e di una liturgia profondamente fisica e sensoriale, mostrano comprensibilmente maggiori riserve, preoccupate che l’esperienza sacramentale possa essere svilita dalla mediazione tecnologica. Ho trovato particolarmente interessante come alcune comunità monastiche stiano sperimentando forme di preghiera online, pur mantenendo un approccio critico verso la frenesia della comunicazione digitale.

Tradizione e innovazione: equilibri spirituali nell’era digitale

È un dibattito che trascende le questioni puramente pratiche e tocca l’essenza stessa dell’esperienza religiosa: può lo spirito manifestarsi attraverso uno schermo? La comunione ha senso se non condividiamo lo stesso spazio fisico? Domande che, a ben vedere, riguardano tutti noi, credenti o meno, in questo mondo sempre più connesso ma paradossalmente distante.
E poi c’è tutto il discorso delle criptovalute e della blockchain… beh, qui si apre un capitolo a parte. Conosco preti che investono in Bitcoin e imam che considerano le crypto compatibili con la finanza islamica. È un mondo che cambia velocemente, forse troppo.
Guarda, se devo essere onesto, credo che il vero punto non sia scegliere tra tradizione e modernità. È più una questione di… come dire… trovare un equilibrio. È un po’ come cucinare la pasta: puoi usare una pentola ultramoderna a induzione, ma se sbagli i tempi di cottura, il risultato fa schifo lo stesso.
La tecnologia, in fondo, è solo uno strumento. Quello che conta è come la usi. E forse è proprio qui che le religioni hanno qualcosa da dire al mondo contemporaneo: non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente giusto. Sai cosa voglio dire?

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