La Connettività del Pensiero: Un Viaggio Intellettuale Senza Meta

Sai, quando mi sono messo a scrivere questo blog, non avevo la minima idea di dove mi avrebbe portato. È un po’ come quando decidi di fare una passeggiata senza meta e ti ritrovi in posti che neanche sapevi esistessero nel tuo quartiere. Ecco, io volevo semplicemente creare un posto dove raccogliere tutti i miei pensieri sparsi – storia, arte, filosofia, politica, crescita personale, letteratura, religione – tutte quelle cose che mi ronzano in testa mentre faccio la spesa o aspetto l’autobus. Ma poi ho capito che c’era qualcosa di più profondo in tutto questo casino. Come dice Umberto Eco nel suo celebre saggio “Dall’albero al labirinto” (Bompiani, 2007), la conoscenza non è mai lineare, è sempre un intreccio di connessioni inaspettate. E francamente, dopo anni di blog, posso dire che aveva proprio ragione. Non so tu, ma io trovo affascinante come una riflessione sulla storia romana possa portarti dritto dritto a questionare sui social media di oggi, o come un dipinto rinascimentale possa farti riflettere sulla tua vita amorosa. È tutto collegato, davvero tutto, anche se spesso non ce ne accorgiamo.

Interconnessioni Mentali: Un Blog Come Viaggio di Scoperta

Guarda, il bello di questo spazio virtuale che ho creato è proprio che non segue una logica da manuale universitario. Una settimana parlo di Napoleone, quella dopo di meditazione buddhista, poi magari mi viene voglia di scrivere della street art e finisco per citare Platone. Come diceva Hannah Arendt nel suo capolavoro “Vita Activa” (Einaudi, 1964) in cui sosteneva che il pensiero umano funziona esattamente così – per associazioni, salti, connessioni improvvise. E devo ammettere che quando l’ho letto per la prima volta ho pensato: “Madonna, ma sta parlando del mio cervello!”. Perché poi, diciamocelo, chi è che riesce davvero a tenere separate tutte le materie come si faceva a scuola? Io no, di sicuro. Mi capita di leggere un articolo di politica internazionale e subito mi viene in mente un quadro di Caravaggio, oppure sto guardando un documentario sui samurai e inizio a riflettere sul senso del dovere nell’era digitale. È normale, anzi, è umano. La nostra capacità di ragionare non è fine a sé stessa in riferimento ad un unico argomento. Anzi, secondo gli studi di Edgar Morin pubblicati nel volume “La Testa Ben Fatta” (Raffaello Cortina, 2000), proprio questa capacità di connettere ambiti diversi è quello che distingue il pensiero creativo da quello meccanico.

Archeologia del Presente: il Pensiero Critico tra Storia e Futuro

Ma ecco dove si fa interessante la questione: i temi trasversali. Tipo, religione e high-tech – chi l’avrebbe mai detto che potessero andare d’accordo? Eppure basta pensare alle app di meditazione, ai podcast spirituali, alla realtà virtuale per le esperienze mistiche… Tutto nuovo, per chi, come me appartiene alla generazione X: un mondo nuovo che si sta aprendo davanti ai nostri occhi. E poi c’è l’intreccio tra arte e filosofia, che secondo me è quello più naturale di tutti. Arthur Danto nel suo brillante saggio “La Trasfigurazione del Banale” (Einaudi, 1987) ha dimostrato come ogni opera d’arte sia fondamentalmente una domanda filosofica materializzata. Ti è mai capitato di stare davanti a un quadro e sentirti improvvisamente più intelligente? A me sì, e non è una sensazione da poco; oppure di pensare al connubio tra storia e pensiero critico – altro matrimonio perfetto. Non puoi capire il presente se non conosci il passato, ma allo stesso tempo non puoi studiare il passato senza gli strumenti critici del presente. Alla base di tutto c’è il dialogo continuo tra ieri e oggi. Come scriveva Marc Bloch nel suo fondamentale “Apologia della Storia” (Einaudi, 1969), lo storico deve essere contemporaneamente un archeologo del passato e un cittadino del presente. Roba tosta, ma bellissima quando ci si riesce.

Un groviglio di neuroni

Questo angolo personale, dunque, si è trasformato nel mio portale verso l’esplorazione di un cosmo di infinite connessioni. Non pretendo di essere un esperto di tutto – anzi, spesso scrivo proprio perché NON so le cose e le voglio capire meglio. È un po’ come tenere un diario pubblico delle mie scoperte intellettuali. E sai qual è la cosa più bella? Ogni mio articolo pubblicato rappresenta un puzzle che a sua volta viene arricchito dai commenti più disparati. Tutto questo trasuda di interconnessioni che prima non avevo notato. Ognuno porta la sua esperienza, il proprio background culturale ed emozionale. Il filosofo Jürgen Habermas, nel suo studio sui media “Storia e Critica dell’Opinione Pubblica” (Laterza, 1971) chiamava questo fenomeno “sfera pubblica” – uno spazio dove le idee si incontrano, si scontrano, si trasformano. Beh, il mio piccolo blog non sarà certo la piazza di Atene, ma ha un po’ di quella magia lì. Almeno spero. Perché alla fine, quello che mi interessa davvero non è dimostrare quanto sono bravo, ma condividere la meraviglia della scoperta. Quella sensazione che provi quando due pezzi del puzzle si incastrano perfettamente e improvvisamente tutto ha più senso.

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