Jürgen Habermas (1929-vivente) Habermas… boh, da dove comincio con sto tedesco? Nasce a Düsseldorf nel 1929, cresce durante il nazismo – esperienza che lo segna per sempre. Il padre era dirigente della Camera di Commercio, niente di che, ma il ragazzo ha la testa che va. Studia filosofia e sociologia, diventa l’allievo prediletto di Adorno e Horkheimer, quelli della Scuola di Francoforte. Ma poi se ne distacca perché secondo lui erano troppo pessimisti. “Storia e Critica dell’Opinione Pubblica” del 1962 è il libro che lo rende famoso: studia come nasce l’opinione pubblica moderna, quella roba per cui la gente comune inizia a discutere di politica nei caffè e nei giornali. Roba attualissima, no? Poi arriva “Teoria dell’Agire Comunicativo” del 1981 – due volumi che spiegano come funziona la comunicazione umana. Dice che quando parliamo non cerchiamo solo di convincere gli altri, ma di capirci davvero. L'”etica del discorso” è na figata: l’idea che discutendo onestamente si può arrivare alla verità. Ha litigato con tutti – Gadamer, Luhmann, pure con il papa Ratzinger. Ma sempre in modo civile, mai volgare. A novant’anni passati continua a scrivere e a rompere le scatole ai potenti. “L’inclusione dell’altro” è il suo ultimo grande tema: come fare stare insieme persone diverse in una società democratica. Attualissimo, direi.

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