La voce vera dietro le parole
Coltivare la naturalezza nel testo
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La naturalezza di un testo non si aggiunge come un condimento all’ultimo momento: è qualcosa che va coltivato, che nasce dalla capacità di mettersi nei panni di chi legge e di parlare davvero con lui o con lei, come se foste seduti a un tavolino di un bar. Ecco perché inserire aneddoti personali, emozioni, e magari qualche piccolo errore (sì, anche quello!) può aiutare a rendere il testo più vivo e riconoscibile. Quando racconti qualcosa di tuo, quando condividi un ricordo o una riflessione, il lettore percepisce una presenza reale dietro le parole.
Come farsi riconoscere come persona
Steven Pinker, nel suo libro Il senso dello stile, spiega che la scrittura efficace non è questione di regole rigide, ma di ascolto, di imitazione e di studio dei testi che ci piacciono: smontarli, capire come sono fatti, e poi provare a ricostruirli con la nostra voce. È un po’ come imparare a cucinare guardando chi lo fa con passione.

Pensa a quella volta che hai letto qualcosa che ti ha colpito davvero. Magari era un articolo, un romanzo, o anche solo un post sui social. Ti sei mai chiesto perché proprio quelle parole ti sono rimaste impresse? Probabilmente dietro c’era qualcuno che aveva il coraggio di essere sé stesso sulla pagina, che non aveva paura di mostrare i propri pensieri senza filtri eccessivi.
Anna Maria Testa parla del nostro “scrittore interiore”: quella parte di noi che sa trovare il tono giusto, il ritmo, la musicalità delle frasi. È quella voce che usiamo quando parliamo con passione di qualcosa che ci sta a cuore, quando non pensiamo a come dovremmo dire le cose ma semplicemente le diciamo.
La forza nascosta del ritmo e dell’imperfezione
Ogni frase ha un suo respiro, una sua cadenza. I periodi troppo lunghi affaticano chi legge, quelli troppo corti spezzano il flusso del pensiero. La punteggiatura diventa uno strumento musicale: le virgole sono pause brevi, i punti e virgola momenti di sospensione, i punti fermi respiri più profondi. E poi ci sono le ripetizioni, che non sempre sono errori da evitare. A volte ripetere una parola, un concetto, un suono, crea quella risonanza che fa rimanere il testo nella memoria.
Quasi ironico a dirsi, ma è proprio la perfezione che può rendere un testo poco autentico. Sono quelle piccole imperfezioni che danno carattere: una digressione inattesa, una frase che sembra messa lì per caso, oppure un dettaglio che non c’entra molto ma che aggiunge colore e vita al racconto. Immagina di sentire qualcuno parlare di ciò che ama davvero: non segue un copione rigido, si perde nei suoi pensieri, torna indietro e aggiunge aneddoti che danno profondità alle sue parole. È questo che rende un testo vivo e umano.
Mi viene in mente quella sensazione che provi quando leggi una e-mail di un amico: riconosci subito il suo modo di scrivere, le sue espressioni, persino i suoi errori di battitura ricorrenti. Ecco, quello è esattamente il tipo di riconoscibilità che dovremmo cercare nei nostri testi.
Un consiglio pratico per trovare la propria voce
Per rendere davvero naturale un testo, prova a leggerlo ad alta voce. Dovrebbe sembrare ad una chiacchierata, sei sulla strada giusta. Se ti accorgi che qualcosa suona troppo rigido o artificioso, riscrivilo come lo diresti a un amico. E, perché no, aggiungi un aneddoto, una battuta, una riflessione personale. Ricorda che dietro ogni testo c’è sempre una persona, e quella persona sei tu.
Il dialogo invisibile che crea connessione
Scrivere significa sempre immaginare qualcuno dall’altra parte. Non un pubblico generico e astratto, ma una persona specifica, con i suoi dubbi, le sue curiosità, i suoi tempi di attenzione. Questo lettore immaginario diventa il nostro interlocutore silenzioso, quello a cui chiediamo “mi stai seguendo?” o “ti è mai capitato anche a te?”. È lui che ci suggerisce quando rallentare, quando approfondire, quando invece è meglio cambiare argomento.
A volte mi capita di immaginare di star raccontando qualcosa a mia sorella, o a un collega che stimo. Cambio automaticamente registro, uso esempi diversi, anticipo le loro possibili obiezioni. È un trucco semplice ma efficace: dare un volto al nostro lettore ideale ci aiuta a scrivere con più calore e precisione.
Bibliografia a modo mio
Letture che ti cambiano il modo di scrivere
- Per finire, Prima lezione di retorica di Bice Mortara Garavelli: un piccolo gioiello che ti fa riscoprire il piacere delle parole ben messe insieme. Dopo averlo letto, non guarderai più un discorso politico con gli stessi occhi.
- Se c’è un libro che mi ha fatto capire davvero cosa significa scrivere con naturalezza, è On Writing di Stephen King. Non è il solito manuale, ma un memoir sincero dove King racconta come è diventato scrittore. La parte più bella? Quando spiega che scrivere è come dissotterrare un fossile: la storia c’è già, tu devi solo scoprirla con delicatezza.
- Il senso dello stile di Steven Pinker l’ho scoperto quasi per caso, sfogliando in una libreria. Mi aspettavo l’ennesimo tomo accademico e invece ho trovato un linguista che scrive come parla, che spiega la grammatica come se fosse il meccanismo di un orologio svizzero. Bellissimo.
- Anna Maria Testa, con Farsi capire, mi ha insegnato che la chiarezza non è nemica della creatività. E che a volte la parola più semplice è anche la più giusta. Il suo blog, poi, è una miniera di intuizioni sulla comunicazione che funziona davvero. Se ti interessa l’argomento puoi cliccare qui: Nuovo e Utile. Teorie e pratiche della creatività.
- Un libro che tengo sempre a portata di mano è Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco. Sì, lo so, sembra antiquato, ma le sue riflessioni su come organizzare le idee e comunicarle con precisione valgono per qualsiasi tipo di scrittura.
- On Writing Well di William Zinsser è un classico che non invecchia mai. L’ho riletto almeno tre volte e ogni volta ci trovo qualcosa di nuovo. È pieno di esempi concreti e di consigli che puoi applicare subito.
Per un maggiore approfondimento si consiglia di leggere la sezione:

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