Alexis de Tocqueville (1805-1859) è considerato uno dei più grandi analisti della democrazia moderna. Questo aristocratico francese, con il suo capolavoro “La democrazia in America”, ha anticipato dinamiche sociali che viviamo ancora oggi. Confessiamolo: quante volte avete sentito parlare di Tocqueville senza sapere bene chi fosse? Quando l’ho incontrato per la prima volta all’università, non mi aspettavo molto…
Un Aristocratico con la Valigia
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Alexis aveva 26 anni quando nel 1831 si imbarcò per l’America. Pensate: la stessa età di molti tiktoker famosi oggi, solo che invece di balletti faceva analisi politiche che ancora ci fanno venire i brividi.
La scusa ufficiale era studiare il sistema carcerario americano. Ma dai, chi ci crede? Era chiaramente una cover story. Lui voleva capire cos’avesse di speciale questa democrazia americana di cui tutti parlavano ma nessuno aveva analizzato per davvero.
Bisogna dire che aveva delle buone ragioni per essere curioso. Il nonno, Chrétien Guillaume de Lamoignon de Malesherbes, aveva difeso Luigi XVI durante il processo rivoluzionario, un atto di coraggio che gli costò la vita, neanche a dirlo finì, giustappunto ghigliottinato lui stesso. Quindi crescere sapendo che il mondo può cambiare dall’oggi al domani ti fa venire voglia di capire dove sta andando.
Il viaggio durò nove mesi. Nove mesi in cui girò per gli Stati Uniti come un reporter moderno, intervistando gente comune, politici, preti, commercianti. Prendeva appunti su tutto: come votavano, come pregavano, come facevano affari. Un’ossessione che poi si trasformò in De Tocqueville, Alexis, “La democrazia in America”, UTET, Torino, 2007, probabilmente il libro più intelligente mai scritto sulla politica moderna.
Allora, questa storia è imbarazzante ma la racconto lo stesso. Avevo comprato questo libro per fare bella figura durante una cena con colleghi intellettuali. Doveva restare lì, sul tavolino del salotto, a impressionare gli ospiti. Invece una domenica pomeriggio piovosa, annoiato come una scimmia, lo apro a caso. E mi ci perdo dentro per sei ore filate. Mi dimentico di pranzare, di rispondere al telefono, di tutto. Alexis ti prende per mano e ti porta nell’America del 1830 come se fossi lì con lui. Quando racconta di quei pionieri che attraversano le praterie senza sapere dove andare, quasi senti l’odore della polvere e il rumore dei carri.
Per chi vuole seguire davvero le tracce del suo viaggio americano, la Library of Congress ha digitalizzato tutti i materiali originali: mappe che usava, lettere che spediva a casa, perfino le ricevute degli alberghi dove dormiva (https://www.loc.gov/collections/). È come seguire le sue tracce 200 anni dopo.
Il Veggente degli Algoritmi
Ecco la parte che fa paura. Tocqueville aveva previsto l’era di Google e Facebook due secoli prima che esistessero. Come? Semplice: aveva capito che in democrazia il vero pericolo non sono i tiranni con i baffi, ma qualcosa di molto più subdolo.
“Vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che girano instancabilmente su se stessi per procurarsi piccoli e volgari piaceri”, scriveva nel 1835. Ora leggete questa frase e poi aprite TikTok. Coincidenze? Non credo proprio.
La sua intuizione geniale era questa: più diventiamo tutti uguali, più diventiamo prevedibili. E più siamo prevedibili, più è facile manipolarci. Non serve la violenza quando puoi convincere la gente che quello che vuole lo vuole davvero.
Pensateci: quando fu l’ultima volta che avete scelto davvero cosa guardare su Netflix, invece di cliccare su quello che vi suggeriva l’algoritmo? Oppure quando avete comprato qualcosa senza essere stati “influenzati” da una pubblicità mirata? Ecco, Tocqueville aveva capito che sarebbe andata a finire così.
Che non sia una coincidenza lo conferma anche Putnam, Robert, “Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community”, Simon & Schuster, New York, 2000. Putnam è uno tosto che ha passato anni a raccogliere dati su come gli americani passano il tempo libero e ha scoperto una cosa deprimente: stanno tutti diventando eremiti. Il titolo è geniale e tragico insieme – sempre più gente va a giocare a bowling da sola invece che con gli amici. Sembra una stronzata, vero? E invece dietro c’è il crollo di tutto: meno cene con i vicini, meno circoli del bridge, meno cori parrocchiali, meno tutto. I numeri che presenta fanno venire i brividi perché confermano ogni singola paura che aveva Tocqueville.
L’Eredità di un Disturbatore
Oggi Tocqueville è ovunque: lo citano i politici, gli opinionisti, persino i guru del marketing. Il problema è che spesso lo citano a sproposito, prendendone solo i pezzi che fanno comodo.
Il vero Tocqueville era molto più scomodo e interessante di come lo dipingono. Non aveva nostalgia dell’ancien régime (anzi, ne vedeva benissimo i difetti) ma non era nemmeno un fan acritico della modernità. Era semplicemente onesto nel riconoscere che ogni sistema ha i suoi pro e i suoi contro.
Per capire quanto fosse complesso e contraddittorio, vale la pena leggere Boesche, Roger, “The Strange Liberalism of Alexis de Tocqueville”, Cornell University Press, Ithaca, 1987. Boesche è uno che non ha paura di dire che anche i geni hanno i loro difetti. Ti mostra tutte le contraddizioni di Tocqueville: liberale sì, ma razzista quando parlava dell’Algeria. Santo? Macché. Umano, eccome.
Dopo il suo viaggio americano, Tocqueville scrisse anche De Tocqueville, Alexis, “L’Antico regime e la rivoluzione”, Rizzoli, Milano, 2006, dove si chiede: ma la Rivoluzione francese ha veramente cambiato tutto o ha solo cambiato le etichette? Spoiler: spesso ha solo cambiato le etichette. L’avrò letto forse una decina di volte, un po’ per necessità e un po’ per amore, durante quei lunghi periodi universitari. All’epoca, i professori ti chiedevano libri che superavano le 2000 pagine, e tra i testi consigliati spuntava sempre questo. Ogni rilettura era un viaggio tra le pagine che mi costringevano a ripensare tutto quello che credevo di sapere sulla Rivoluzione.
Per approfondire davvero il suo pensiero, Manent, Pierre, “Tocqueville e la natura della democrazia”, Laterza, Roma-Bari, 1993, offre un’analisi che mi ha fatto imprecare per settimane. All’inizio non ci capivo niente, poi una sera d’inverno lo riprendo in mano e improvvisamente le sue parole iniziano a fare senso. È come quando guardi uno di quei quadri con l’immagine nascosta: prima non vedi niente, poi BAM, tutto diventa chiarissimo.
La sua lezione più importante? La democrazia non è uno stato, è un processo. Non è qualcosa che conquisti una volta per tutte, è qualcosa che devi rinnovare ogni giorno. Un po’ come andare in palestra: se smetti, i muscoli si atrofizzano.
E guardando quello che succede in giro per il mondo oggi, forse sarebbe il caso di riprendere ad allenarsi.
Per chi volesse approfondire
Se volete fare una ricerca seria su Tocqueville, la Stanford Encyclopedia of Philosophy (https://plato.stanford.edu/) è il punto di partenza migliore. È scritta da accademici veri e viene aggiornata regolarmente. In italiano, la voce della Treccani Online (https://www.treccani.it/enciclopedia/alexis-de-tocqueville/) è più affidabile di Wikipedia e inquadra bene Tocqueville nel contesto europeo.
Per i più fanatici, la Bibliothèque nationale de France ha digitalizzato lettere che Alexis scriveva alla moglie, appunti scarabocchiati sui treni, bozze corrette a mano. È da nerd totali, ma se siete curiosi di vedere come pensava davvero, quello è il posto giusto.
Furet, François, anche se non scrive direttamente su Tocqueville, usa le sue idee in “Il passato di un’illusione. L’idea comunista nel XX secolo”, Mondadori, Milano, 1995, per spiegare perché il comunismo è andato a rotoli. Se volete vedere come le intuizioni di Alexis spiegano anche i disastri del Novecento, questo è oro colato.
La Fondazione Einaudi (https://www.fondazioneeinaudi.it) pubblica regolarmente studi sul pensiero liberale di ottima qualità, e nella sezione “Biblioteca della libertà” ogni tanto escono perle su Tocqueville. Per articoli accademici più specifici, Cairn.info è una piattaforma francese con migliaia di contributi, molti accessibili tramite accordi universitari.
Un consiglio finale: state alla larga dai siti che promettono “Tocqueville spiegato in 5 minuti” o “riassunti facili”. Alexis è complesso per una buona ragione: perché la realtà è complessa. Chi vi vende semplificazioni probabilmente non ha capito niente. Meglio faticare un po’ e capire davvero che illudersi di aver capito tutto leggendo un tweet.

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