Parte 5 di 5: Governare gli Algoritmi o Essere Governati
[Questa è la quinta e ultima parte della serie sull’algoritmocrazia. Abbiamo esplorato cosa sono gli algoritmi, come discriminano, come ci monetizzano e i principi etici necessari. Oggi parliamo del futuro e della scelta che dobbiamo fare.]
Ma la questione va oltre la consapevolezza individuale. Servono cambiamenti strutturali. Le aziende tecnologiche dovrebbero essere più trasparenti. I governi dovrebbero regolamentare meglio l’uso di sistemi automatici. Le università dovrebbero formare più esperti di etica tecnologica. Serve un dibattito pubblico più ampio.
Al momento queste discussioni avvengono solo tra specialisti. Ma ci riguardano tutti e tutti dovremmo avere voce in capitolo. È come se stessero ridisegnando le città e chiedessero solo agli architetti cosa ne pensano, ignorando chi ci deve vivere.
Esperimenti di Democrazia Algoritmica
In alcune città stanno nascendo esperimenti di participatory design degli algoritmi pubblici. Amsterdam ha creato un registro pubblico di tutti gli algoritmi dell’amministrazione. È un primo passo verso la trasparenza. Almeno sai che algoritmi ti stanno governando! Helsinki fa una roba simile. Da noi invece boh, magari fra vent’anni.
Anche in Italia ci sono segnali interessanti. Università che lanciano corsi interdisciplinari, aziende che parlano di responsible AI, giornali che dedicano più attenzione a questi temi. Ma siamo agli inizi. La strada per una società algoritmica più democratica è lunga. Richiede uno sforzo collettivo di tecnologi, policymaker, educatori, cittadini.
I Dark Patterns e la Manipolazione Quotidiana
Su wired.it qualche tempo fa hanno fatto un articolo interessante sui dark patterns, cioè trucchi di design che ti spingono a fare cose che non vorresti fare. Tipo quei bottoni “conferma” che sono giganteschi e colorati, mentre “annulla” è piccolo e grigio. O quando Amazon ti fa l’abbonamento Prime di default e devi fare il giro dell’oca per disattivarlo. Sono algoritmi applicati alla psicologia umana.
Il bello è che spesso questi trucchi funzionano anche quando li conosci. È come le illusioni ottiche: anche se sai che è un trucco, ci caschi lo stesso. Il cervello umano ha delle debolezze cognitive e gli algoritmi le sfruttano sistematicamente. Non è per forza malafede, è business.
Cass Sunstein, nel suo Nudge, scritto nel 2008 per Yale University Press a New Haven, parlava di come piccoli “spintoni” possano influenzare le scelte delle persone. L’idea era usare questa conoscenza per il bene comune: spingere la gente a mangiare più sano, risparmiare di più, inquinare di meno. Il problema è che le stesse tecniche vengono usate anche per vendere più cose o raccogliere più dati.
Momenti di Transizione Storica
Mah, la verità è che viviamo in un momento di transizione storica. Come quando è stata inventata la scrittura, la stampa, l’elettricità. Tecnologie che cambiano tutto: come pensiamo, come ci organizziamo, come prendiamo decisioni. È normale che ci sia confusione, resistenza, paura.
Ma non possiamo fare finta di niente. Gli algoritmi sono qui per restare. La domanda è: vogliamo subirli o governarli? Vogliamo che decidano loro per noi o vogliamo mantenere il controllo? È una scelta politica prima che tecnica.
La Scelta È Nostra
L’altro giorno ho provato a passare una giornata senza algoritmi. Missione impossibile! Persino il semaforo usa algoritmi per regolare il traffico. Il bancomat usa algoritmi per verificare il PIN. La lavatrice usa algoritmi per dosare il detersivo. Siamo letteralmente circondati.
Ma forse è proprio questo il punto. Non è che dobbiamo rifiutare gli algoritmi, dobbiamo imparare a conviverci meglio. Come abbiamo imparato a convivere con le automobili: cinture di sicurezza, codice della strada, patente. Servono regole, controlli, educazione.
In fondo, la storia dell’umanità è sempre stata la storia di come abbiamo imparato a gestire tecnologie sempre più potenti. Il fuoco può bruciare la casa o scaldarla. L’energia nucleare può distruggere il mondo o alimentarlo. Gli algoritmi possono manipolarci o aiutarci. La differenza la facciamo noi.
Il Futuro nelle Nostre Mani
Guardate, al centro commerciale l’altro giorno ho visto una famiglia dove ognuno stava col telefonino, anche al ristorante. I genitori, i figli, tutti. E pensavo: stanno vivendo la stessa realtà o ognuno vive in una bolla algoritmica diversa? Magari il padre riceve notizie di destra, la madre di sinistra, il figlio video di TikTok, la figlia fashion su Instagram. Stessa famiglia, mondi paralleli.
Ecco perché secondo me Jaron Lanier, in You Are Not a Gadget, scritto nel 2010 per Knopf a New York, aveva ragione quando diceva che dobbiamo progettare la tecnologia pensando agli esseri umani, non il contrario. È facile farsi trascinare dalla figaggine tecnica e dimenticare che dietro ogni algoritmo ci sono persone reali con problemi reali.
La domanda finale è: cosa vuoi fare? Puoi continuare a subire passivamente, oppure puoi iniziare a prendere il controllo. Non serve rivoluzionare tutto dall’oggi al domani. Basta iniziare a prestare attenzione, fare domande, pretendere trasparenza. Come suggerisce la Treccani nelle sue analisi sui diritti digitali, la consapevolezza è il primo passo verso l’emancipazione tecnologica.
La prossima volta che usi un servizio digitale, chiediti: cosa ci guadagna l’azienda? Come usa i miei dati? Posso controllare quello che fa? Se la risposta è “non lo so”, inizia a preoccuparti. E inizia a informarti.
Perché in fondo, l’algoritmocrazia siamo noi a costruirla, giorno dopo giorno, click dopo click. E se siamo noi a costruirla, possiamo anche decidere come deve essere. Ma solo se siamo consapevoli di quello che sta succedendo.
Il futuro è nelle nostre mani, letteralmente. Ogni volta che tocchi lo schermo del telefono, stai votando per il tipo di società digitale che vuoi. La domanda è: lo stai facendo consapevolmente o stai solo seguendo l’algoritmo?
🎯 La scelta finale: Dopo questi 5 articoli, hai gli strumenti per capire l’algoritmocrazia. Ora sta a te decidere: vuoi essere un cittadino digitale consapevole o una risorsa da estrarre? Ogni tuo click è un voto per il futuro che vogliamo costruire insieme.
Grazie per avermi seguito in questo viaggio. Se questi articoli ti hanno fatto riflettere, condividili. La consapevolezza è contagiosa, e ne abbiamo bisogno più che mai.
[Vuoi approfondire? Ecco i libri citati nella serie: Oracoli di Benanti, The Black Box Society di Pasquale, Weapons of Math Destruction di O’Neil, The Age of Surveillance Capitalism di Zuboff, You Are Not a Gadget di Lanier. Buona lettura consapevole! Per ulteriori approfondimenti sui temi della democrazia digitale, l’UNESCO offre risorse preziose sui diritti nell’era digitale.]

No responses yet